INTERVISTE...D'AUTORE
Curiosità,
momenti di vita, pensieri ed attività degli autori ospiti nella
Bibliomediateca di Bella e nelle scuole della rete |
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Incontri con UGO VICIC |
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Incontrerà a Bella, San Fele, Muro
Lucano, Barile e Rionero gli alunni di quarta e quinta elementare che
hanno letto il suo libro “ Crepi
la paura”, Nuove Edizioni Romane, dal 10 al 12 dicembre
2012, Ugo
Vicic, scrittore, attore, regista, autore radiofonico e
televisivo. Succede, guardando la televisione o
leggendo i giornali, di sentire notizie di terremoti, uragani, alluvioni,
disastrose eruzioni di vulcani. A volte sono eventi lontanissimi, a volte
accadono vicino a noi. Da due anni i paesi del Pollino tra la Basilicata e
la Calabria convivono con continue scosse. Spesso si vedono facce di
persone che scappano o che hanno perso la casa o chissà cos’altro, ma
noi poco o nulla sappiamo della loro vita. In questo libro invece c’è Lorenzo, un ragazzino sveglio e sensibile, che ci
racconta di una città dove la terra trema e i muri hanno grosse crepe. |
Ci parla della sua famiglia, della nonna narratrice di storie, dei suoi amici, dei suoi primi amori ma, soprattutto, del terremoto e della paura che gli è toccato affrontare e superare. Gli incontri con l’autore di “ Crepi la paura” sono programmati nell’ambito della sesta edizione del Torneo di lettura che vede oltre duemila di alunni di scuola primaria e secondaria di primo grado della provincia di Potenza con i loro insegnanti appassionarsi nelle lettura di libri di qualità. A Ugo Vicic abbiamo rivolto alcune domande per conoscerlo meglio : Perché scrivi
? Perché
scrivendo mi riesce più facile dare forma a riflessioni, emozioni,
sentimenti, suggestioni, fantasie, bizzarrie. È comunque in me dominante
il bisogno di comunicare agli altri ciò che penso. Scrivo per
divertirmi e far divertire, per riflettere e far riflettere, e per
lasciare una serie di segni. |
Le tue storie
da dove nascono ? Da tutto ciò
che mi circonda e che mi raggiunge attraverso i sensi conosciuti e quelli
ancora da scoprire. Persone, animali, piante, odori, sapori, colori,
suoni, rumori, vibrazioni, paesaggi, micromondi (gocce d’acqua, granelli
di polline, semi), notizie, chiacchiere, banalità, perle di saggezza da
strada, squallore, miseria, stupidità, mistero, violenza, altruismo,
consumismo, coscienza ecologica… Spesso utilizzo il metodo (o gioco)
degli opposti: metti assieme due cose che non stanno assieme proprio mai e
vedi un po’ che succede. È anche una tecnica di animazione, dei tempi
in cui il mio obiettivo principale era stimolare la fantasia e la
creatività dei bambini. Hai scritto
per piccolissimi, piccoli, adolescenti e adulti. Quali sono i tuoi lettori
preferiti ? Quelli che
riescono a sorridere delle mie assurdità, a trovare interessanti le mie
osservazioni, a commuoversi dove io mi commuovo, a divertirsi quando
anch’io mi diverto. Può succedere a un adulto come a un piccolissimo…
ma capita più spesso ai bambini. Loro sono più aperti, disponibili e
soprattutto conservano quel senso dell’incantamento che al lettore
adulto manca quasi del tutto. Hai scritto
anche libri gialli e il tema della paura nella tua produzione è
ricorrente perché? Quali sono le tue paure e, secondo te, quali sono le
paure dei piccoli e degli adolescenti che incontri con i tuoi laboratori e
spettacoli? La paura è
importantissima – e ben lo avevano capito i primi creatori di fiabe –
perché alimenta o addirittura scatena la famosa funzione catartica:
affronto (in forma simbolica) la mia pulsione negativa, sfogo la tensione
e supero il problema (fobia, gelosia, rancore…), o almeno lo
ridimensiono. Perché
naturalmente ciò che all’uomo fa più paura sono proprio le sue
pulsioni istintive, la nostra parte d’ombra. Comunque a tutti piace aver
paura, ovviamente entro certi limiti, perché è stimolante, eccitante e
anche perché vincere alla fine la paura è una grossa soddisfazione. La
paura (anche letteraria) non deve però diventare un gioco morboso. Nei gialli gli
ingredienti truculenti e la suspense vanno ben dosati, e proposti con una
certa ironia. Scrivendo storie del brivido penso al mitico Hitchcock,
piuttosto che alla pur grandissima regina Christie. Io sono un
tipo abbastanza pauroso. Temo le malattie, le aggressioni, gli
incidenti… insomma tutto ciò che può capitare a noi poveri mortali. Oggi i bambini
credo abbiano soprattutto paura di perdere le comodità e i beni, a volte
superflui, a cui sono stati abituati; e lo stesso vale per gli
adolescenti. Invece è inevitabile che la nostra società si orienti verso
quella che viene definita “decrescita felice”, che non può e non deve
fare paura. Viviamo su un pianeta “finito”, nel senso che le sue
risorse sono esauribili, quindi dobbiamo adattarci. Con intelligenza,
equilibrio e sensibilità verso tutte le creature dell’astronave Terra. Un altro tema
ricorrente della tua produzione è la salvaguardia dell’ambiente,
infatti oltre che di terremoti, ti sei anche occupato della tragedia di
Chernobil, perché ? In parte la
risposta l’ho già data. L’ambiente in cui viviamo ci è stato dato in
prestito, non è proprietà nostra e dobbiamo mantenerlo il più possibile
integro e pulito, anche per le nuove generazioni. Ma ci rendiamo conto che
stiamo edificando un altro continente, costituito da tutte le schifezze
che produciamo?! La tragedia di
Atlantide alla rovescia, con questo orrore che sta emergendo dalle acque e
sul quale potranno sopravvivere soltanto dei mostri. La vicenda di
Chernobyl è stata uno choc epocale e ne portiamo ancora le cicatrici.
All’epoca, l’unico modo in cui sono stato capace di reagire è stata
la satira teatrale. Amara, caustica, disperata, ma anche vitale. Uno dei tuoi
maestri ispiratori è Gianni Rodari. Perché, secondo te, Rodari è
importante per i bambini e gli insegnanti di oggi ? Rodari ha
sostanzialmente rotto con le melensaggini, i moralismi e le banalità
della letteratura per ragazzi di un tempo. E ha dato peso e dignità alla
fantasia (basta vedere il suo celeberrimo “Grammatica della fantasia”,
un libro fondamentale per ogni insegnante degno di questo nome). È poi un
autore lieve (in senso calviniano), gioioso, brillante, ironico e
fecondissimo. Come si fa a non includerlo tra i propri maestri? Lavori alla
radio, in teatro e scrivi, in quale di questi campi ti trovi maggiormente
a tuo agio? Come metti insieme questi tuoi talenti ? Ormai
l’attore radiofonico e teatrale non lo faccio più, anche se un po’ mi
dispiace. Forse alla radio potrei recitare ancora, se me lo chiedessero;
ma il teatro sarebbe troppo faticoso. Questi “talenti” me li porto in
ogni caso dietro e mi servono anche per scrivere, cioè per capire
(leggendo i miei lavori ad alta voce e interpretando le varie parti) se i
testi funzionano o no. Mi piace inscenare ogni tanto un mio teatro privato
da camera. E parliamo di
“Crepi la paura”. Lorenzo, il protagonista del tuo libro, ha un
rapporto “complicato “ con i suoi genitori. A tuo parere quali sono i
principali bisogni dei bambini e dei ragazzi nei confronti dei genitori ? La sicurezza,
la serenità e la fiducia. L’armonia famigliare ruota tutta intorno a
questi cardini. Poi ci vuole anche altro, per esempio una sana dose di
umorismo, la capacità di sdrammatizzare, il saper ascoltare, il saper
dire di no. Ma sono impliciti nella triade di partenza. Lorenzo ha un
ricco rapporto con la nonna testarda che racconta storie. Perché, secondo
te, è necessario valorizzare nella società odierna “ il tesoro” che
gli anziani rappresentano? Proprio perché
si tratta di un tesoro, di un patrimonio inestimabile che dobbiamo
assolutamente conservare e far fruttare. Il concetto di terra, per
esempio, la terra come elemento, mantiene la sua forza solo se veicolato
da chi quella terra ha saputo lavorarla. Non si impara a coltivare
l’orto seguendo un manuale, bisogna guardare un vecchio al lavoro, farsi
confidare e carpirgli i segreti che anche lui ha appreso da chi lo ha
preceduto. C’è poco da fare, siamo legati a un ciclo preciso, e dato
che tutti invecchiamo non possiamo fare altro che imparare dai vecchi, cioè
dalla loro esperienza. Poi però c’è la solita storia che ognuno vuole
essere libero di sbattere il naso contro gli ostacoli… In una delle
tue vite precedenti sei stato anche maestro elementare. Vuoi raccontarci
della tua esperienza? Cosa hai portato del maestro Vicic nelle tappe
successive della tua vita? Moltissimo e
sicuramente la parte migliore. Per esempio ho sempre dichiarato di aver
fatto tesoro, come autore, della mia esperienza di animatore teatrale
(lavorando nel tempo pieno sono stato un maestro piuttosto fuori dagli
schemi). L’abitudine pressoché quotidiana a inventare storie, elaborare
situazioni e risolvere problemi di varia natura, stimolando gli alunni
anche in condizioni difficili, mi ha insegnato a tenere ben sveglia la
creatività, a guardare la realtà da vari punti di vista, a giocare con
le ipotesi, a tirar fuori tutte le varianti e le alternative possibili…
o impossibili. Inoltre chi fa il maestro elementare dovrebbe mantenere
intatto lo stupore, la gioia della scoperta, l’entusiasmo, la positività…
e una parte di tutto ciò me la sono sicuramente portata dietro. Nel tuo lavoro
incontri tanti insegnanti e tantissimi bambini e ragazzi. Come sta la
scuola
italiana ? Di cosa ha bisogno? La scuola ha
bisogno di essere considerata come un investimento per il futuro. Bisogna
investire nella scuola pubblica, nell’istruzione, nella cultura. E gli
insegnanti, come accade per esempio in Francia, devono essere considerati
professionisti di tutto rispetto e pagati bene. Nel tempo
pieno degli anni 70 io, i miei colleghi e i nostri alunni abbiamo vissuto
un’età dorata, dove la scuola era un’esperienza di vita, un
laboratorio permanente, un’occasione di incontro, scambio, confronto, un
lavoro di équipe basato sull’interdisciplinarità. Le attività
curricolari si intrecciavano e interagivano in un flusso armonico, con
l’obiettivo di formare i cittadini della Terra, non per inculcare un
sapere frammentario, superficiale e nozionistico, utile solamente per
addestrare dei sudditi. Non è
illusione o utopia. Se è già accaduto, può accadere ancora. E comunque
dovremmo sfatare una volta per tutte l’idea, in fondo assai comoda, che
utopia sia qualcosa di irrealizzabile. Utopia deve significare coraggio e
determinazione intelligente a uscire dal vicolo cieco in cui ci siamo
cacciati. Ci stiamo dirigendo a duecento all’ora contro un muro.
L’utopia (forse) ci salverà.
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